È un dato di fatto: gli strumenti di comunicazione vengono usati sempre più frequentemente per esprimere le proprie idee, troppo spesso non sostenute dai fatti. Fino a non molto tempo fa per poter rendere pubblica una notizia o una riflessione bisognava fare i conti con la dignità di
stampa. Adesso abbiamo eliminato la parola dignità, che abilitava la divulgazione solo se sostenuta da fonti verificabili e se basata su competenze consolidate, ma abbiamo mantenuto la parola stampa. Magicamente accanto vi abbiamo aggiunto la parola digitale, così da poter credere che la combinazione delle due sia qualcosa di diverso, di meno pericoloso, e quindi di più democratico. Con la distorsione del significato di stampa digitale, attraverso l’uso e l’abuso dei social network, stiamo creando una società della disinformazione che oggi è diventata il
miglior prodotto finanziario su cui investire. Esiste un modo per riequilibrare questa tendenza? Quali dovranno essere il ruolo e le responsabilità da attribuire alle piattaforme e agli utenti della Rete? Di fronte a bot e algoritmi sempre più intelligenti, quali strumenti occorrerà mettere in campo per difendere la democrazia e tutti quei principi e valori che la fondano? Quali dovranno essere i diritti e i doveri del Web nell’epoca dell’economia e dell’informazione basate sui dati?