Secondo l’Istat il digital divide insiste all’interno di un ceto sociale già svantaggiato, facendolo entrare in un circolo vizioso di crescente povertà ed esclusione. Questa è l’occasione invece per parlare di digital bridging come un’opportunità positiva di unione collettiva per includere tutti all’interno dei benefici del progresso tecnologico e dell’innovazione. Digital bridging è per non perdere l’importanza crescente che il digitale assume per la società, ma partendo anche in maniera critica da quei reali bisogni della società che il digitale deve soddisfare.
Vogliamo immaginare una società aumentata, evoluta, digitalizzata, ma non vittima della propria trasformazione digitale. Digital bridging è pensato per includere i vantaggi socio-economici e culturali del digitale, gestendo opportunamente il rischio di una società che diventi inconsapevole oggetto degli strumenti tecnologici. Cerchiamo quindi di tracciare i confini tra l’utilità dello strumento al servizio della società e l’invadente penetrazione di prodotti tecnologici pensati per risolvere meri bisogni di accrescimento finanziario.
Cerchiamo una via saggia per creare ponti di opportunità, e così usare la trasformazione digitale come collante virtuoso della nostra società, sia su una scala locale che su quella globale. Se questa è la visione giusta per l’Italia digitale del futuro, partiamo dunque dal chiederci quali sono le sfide pratiche per rendere omogeneo l’accesso a strumenti e contenuti digitali. E come lavorare attivamente per un uso sempre più sano e consapevole di tali strumenti?